giovedì 5 febbraio 2009

La ristrutturazione del Nido e la disoccupazione post-olimpica


Nei giorni scorsi ha fatto scalpore la decisione delle autorità cinesi di trasformare il “Nido”, l’avveniristico stadio simbolo delle scorse Olimpiadi, in un centro ricreativo e commerciale. Francesco Sisci su La Stampa ha riportato come i semplici costi di mantenimento della struttura, a suo tempo costata ben 450 milioni di dollari, si aggirino attorno ai 60 milioni di yuan all’anno. La scelta di aprire lo stadio ai turisti a partire dal primo ottobre dello scorso anno ha dato i suoi frutti, ma l’arrivo di 80.000 persone da ogni parte del paese è stato appena sufficiente a coprire una minima parte delle spese di mantenimento. La ristrutturazione del Nido, così come quella del Cubo d’Acqua, sembrano di fatto dar ragione a coloro che sin dall’inizio si sono interrogati sull’opportunità di costruire edifici così grandi ed onerosi da utilizzare nel semplice arco di tempo di un’Olimpiade.

Eppure, se la notizia del piano di riutilizzo dello stadio di Pechino ha fatto il giro dei giornali di tutto il mondo, quasi a dimostrare l’incapacità del governo cinese di fare piani a lungo termine, vi sono anche altri retroscena della gestione del periodo post-olimpico che fanno riflettere. Sull’ultimo numero del Phoenix Weekly, un quindicinale basato a Hong Kong, la giornalista Wang Qian ha approfondito la questione del reimpiego dei dipendenti del Comitato Organizzatore delle Olimpiadi di Pechino (di seguito citato con la sigla inglese di BOCOG). In sette anni di attività, il BOCOG è arrivato ad impiegare più 4.000 persone, mille delle quali assunte direttamente come personale a tempo pieno a libro paga, tremila come “prestito temporaneo” da università ed altri dipartimenti governativi. Mentre queste ultime una volta concluse le Olimpiadi hanno fatto ritorno senza problemi alle proprie unità di lavoro, i dipendenti assunti direttamente dal BOCOG ora si trovano ad affrontare la minaccia della disoccupazione.

Nell’indagine del Phoenix Weekly si racconta la storia di Wu Minhua, una giovane donna di trent’anni che tre anni fa tra le lacrime dei genitori ha deciso di dare le dimissioni da una posizione stabile e ben pagata come funzionario statale (gongwuyuan) per diventare dipendente del BOCOG. Qualche settimana fa essa ha ricevuto una lettera dai suoi superiori in cui le si annunciava il fatto che il suo rapporto di lavoro sarebbe di fatto terminato alla fine di dicembre 2008. Ad oggi, Wu ha inviato più di dieci curriculum, ma non ha ancora ricevuto una sola risposta. Come nota Wang Qian, l’autrice dell’indagine, “in quanto donna nubile di trent’anni, nella ricerca di un lavoro essa può trovarsi in una posizione favorevole solamente rispetto alle donne già sposate e ancora prive di figli, mentre ha di fronte a sé tutti i giovani di meno di 28 anni e persino quelle donne che hanno già avuto dei figli ma sono ancora giovani”.

Un futuro ancora più incerto attende quegli ex-dipendenti del BOCOG non più giovani. Yan Xin, una donna di 40 anni che in precedenza ha studiato all’estero e ha lavorato come avvocato, dall’ottobre del 2008 è senza un’occupazione: tutti i concorsi come funzionari pubblici e impiegati nelle banche sono infatti limitati a persone con meno di 35 anni di età. Richiamando le ragioni che l’avevano spinta ad entrare nel BOCOG, essa ha affermato che “si trattava di un gruppo pieno di idealisti” ed ha ricordato come tutti lavorassero più di dieci ore al giorno senza mai chiedere i salari per gli straordinari, semplicemente per paura che un ritardo nell’andamento dei lavori influenzasse l’apertura delle Olimpiadi.

Nel gennaio del 2008 un’importante banca cinese ha firmato un accordo con il Comitato Olimpico ad Olimpiadi concluse si impegnava ad assumere personale tra gli ex dipendenti del BOCOG, un gesto emulato in marzo da altre 47 importanti imprese statali. Il fatto è che quando nell’ottobre 2008 sono stati pubblicati i piani per la rioccupazione, le persone in questione si sono rese conto che i posti di lavoro non corrispondevano minimamente alle loro competenze e conoscenze. Si racconta persino la storia di una donna di 30 anni con un dottorato in filosofia, la quale dopo aver lavorato per due settimane in una famosa università della capitale come personale temporaneo per un salario di 3.000 yuan al mese è stata licenziata con l’argomentazione che quel posto di lavoro “non presentava alcuna prospettiva di sviluppo per una persona come lei”. In base a documenti interni del BOCOG, risulta che a metà dicembre fossero ancora 460 le persone senza lavoro.

Sono storie come queste a comporre il triste mosaico della disoccupazione in Cina. Se la maggior parte dei disoccupati rientra nelle tre macro-categorie dei lavoratori migranti, dei giovani laureati e dei lavoratori licenziati dalle imprese di Stato fallite, esistono inifinite altre realtà talmente specifiche da richiedere interventi e politiche assistenziali specifiche. Ma certo qualche centinaio di disoccupati in più in Cina non fa notizia come la trasformazione del Nido in un ipermercato.

domenica 1 febbraio 2009

Bullog è stato "armonizzato"


Come previsto, appena un giorno dopo la riapertura Bullog è nuovamente inaccessibile in Cina. Con un notevole senso dell'ironia, i netizen cinesi hanno coniato un'espressione particolare per indicare situazioni come questa: essi infatti non sono soliti parlare di siti bloccati, ma bensì di siti "armonizzati" (bei hexie), un termine che fa chiaramente riferimento alla propaganda del Partito Comunista sulla società armoniosa. L'unico modo per visualizzare i contenuti di Bullog, ora ospitato su un server straniero, è quello di utilizzare un proxy server: quanto andrà avanti ancora questo assurdo tira e molla?

Il progetto di una scuola per le vittime delle fornaci è stato bloccato


Quello che riporto qui di seguito è il dialogo tra due persone. La prima è l’attuale caporedattore dell’edizione cinese della rivista Esquire; la seconda è Xin Yanhua, una signora di Zhengzhou, capoluogo provinciale dello Henan. Essi si sono conosciuti grazie allo scandalo delle fornaci di mattoni in nero scoppiato nell’estate del 2007. Allora un giornalista di una rete televisiva locale aveva portato alla luce un esteso traffico di esseri umani (per lo più adolescenti e disabili) che partiva dallo Henan e arrivava nelle migliaia di fornaci illegali sparse nelle campagne dello Shanxi. Xin Yanhua, il cui nipote era stato a sua volta rapito, in quell’occasione aveva contribuito enormemente a sensibilizzare l’opinione pubblica, pubblicando su un forum un post intitolato “Quattrocento padri chiedono aiuto piangendo sangue: chi verrà a salvare i nostri figli?”, un testo che poi era stato ripreso dai principali siti web cinesi, scatenando un’ondata di indignazione e rabbia tra la popolazione. Dou Jiangming invece è stato uno delle migliaia di volontari che in quei mesi si sono riversati nelle campagne cinesi dello Shanxi per perlustrare le fornaci in compagnia di genitori dei ragazzi scomparsi. A differenza di molti altri, ancora oggi egli continua ad occuparsi dei postumi dello scandalo: con il nome di IamV, egli ha aperto una serie di siti internet su cui pubblica annunci per le persone scomparse, lancia appelli e organizza campagne per la raccolta di fondi per le famiglie delle vittime.

Nello scorso mese di maggio sono stato a Zhengzhou insieme a Jiangming. Allora ho avuto modo di conoscere anche Xin Yanhua e diversi altri genitori di ragazzi scomparsi, nonché qualche ragazzo uscito dall’esperienza delle fornaci. Oltre alla solitudine e alla disperazione dei genitori ancora alla ricerca dei figli, ciò che in quei giorni mi aveva maggiormente colpito era il fatto che i giovani liberati fossero stati completamente abbandonati a se stessi, senza la minima assistenza psicologica. Ricordo che sul treno che ci riportava a Pechino io e Jiangming abbiamo discusso a lungo della possibilità di fare qualcosa di concreto per aiutare questi ragazzi e che allora lui ha proposto di creare un piccolo istituto in grado di fornire addestramento professionale e assistenza psicologica alle vittime di traffici di esseri umani. Con enorme pazienza e forza di volontà, nei mesi successivi un ristretto gruppo di persone ha gettato le basi per questo progetto, ma come sempre essi hanno dovuto scontrarsi con la passività e la scarsa trasparenza di un sistema politico che si muove solamente quando sente il fiato dell’opinione pubblica sul collo. Qualche giorno fa il progetto è stato rifiutato. La frustrazione è grande, ma non è possibile perdersi d’animo. Come Jiangming mi ha scritto nella mail in cui mi comunicava questo fallimento: “E’ esattamente come pensavamo l’anno scorso: è come se tutto fosse tornato al punto di partenza. Eppure ogni volta che il circolo si chiude si aggiunge qualche persona in più che prende a cuore la cosa: ora ci sono io e ci sei tu, penso che non si possa semplicemente dire che siamo tornati all’inizio”.



Dal blog di IamV:

Erano circa sei mesi che ci davamo da fare per questa cosa, il progetto originale era quello di costruire a Zhengzhou un’istituto per l’assistenza delle vittime delle fornaci di mattoni in nero. Il partner del progetto era Bai Nian Vocational School [una scuola professionale no-profit che aiuta i ragazzi delle aree rurali che si recano a Pechino].
E’ stato il marito di Xin Yanhua ad occuparsi concretamente della cosa sin dall’inizio. Prima mi sentivo davvero pieno di speranza, ma alla fine ancora una volta le aspettative sono state soffocate.
Qui di seguito riporto i messaggi che ci siamo scambiati io e Xin Yanhua durante la Festa di Primavera. I punti di sospensione sostituiscono solamente alcuni dati personali.


XIN (29/01/1009 10:43:03): A-Dou [nome onorifico per Dou Jiangming] scusami, loro dicono che il progetto sulle fornaci è stato fatto fuori per ragioni speciali! Sono veramente dispiaciuta di aver fatto aspettare tutti quanti per niente tutto questo tempo.

V: Ah… non importa, noi siamo ancora qui!

XIN: Certamente, noi stiamo insieme!

V: E se non usassimo il nome delle fornaci in nero? Possiamo tenerci su un tono più basso e fare una cosa utile per loro.

XIN: Allora bisogna stare a vedere se in futuro ce ne sarà l’occasione. La review degli scandali più importanti degli ultimi dieci anni è già stata messa in onda [Jiangming annota: si tratta di un programma della televisione nazionale cinese. I giornalisti di CCTV sono stati a Zhengzhou per intervistare i principali personaggi coinvolti nello scandalo delle fornaci: é stata un’ulteriore occasione per ottenere l’attenzione dei media e tutti noi l’abbiamo presa molto a cuore].

V: Ah, non l’ho vista. C’è un cd?

XIN: No, non c’è la parte su di noi. A fine anno mi hanno contattata, ma per paura di influenzare lo stato d’animo di tutti non ho parlato [Xin Yanhua a suo tempo ha ricevuto moltissime critiche da parte ufficiale e non per aver sollevato lo scandalo in rete: è stata accusata, tra l’altro, di aver utilizzato un linguaggio drammatico per giocare con le emozioni dell’opinione pubblica].

XIN: Oggi mi ha contattata Zhu Guanghui [un ragazzo dello Henan che l’anno scorso è finito per ben tre volte nelle fornaci di mattoni in nero, la seconda e terza volta rivenduto da quello stesso ispettore del lavoro che si era occupato del suo caso]. Vorrebbe venire a Zhengzhou a lavorare e mi ha chiesto di aiutarlo a cercare lavoro.

V: Oh, non c’è problema, si tratta solo di tornare alla normalità … Zhu Guanghui ha un curriculum? Io posso informarmi per lui qui a Pechino.

XIN: No, lui non ha nessuna dote particolare, vorrebbe fare il guardiano. Chiedo per lui a…

V: Ok. Se posso fare qualcosa per lui, fammi sapere.

XIN: Ok…

V: In realtà la cosa più importante è il sostegno psicologico. E’ un peccato che non si sia costruita questa scuola.

XIN: Già. Chi va piano va lontano! Procediamo lentamente.

V: Procediamo lentamente.

XIN: Coraggio! ^_^


Fonte:
Heiyao gongmin xuexiao choujian shibai (in cinese)