sabato 23 maggio 2009

Due anni dopo, la stessa storia

Ieri l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua ha battuto la notizia che nella città di Jieshou nella provincia centrale dello Anhui, una delle aree più povere del paese, la polizia ha recentemente condotto un’operazione per salvare trentadue lavoratori con problemi mentali tenuti in schiavitù in due fornaci di mattoni clandestine. In base ai resoconti pubblicati sulla stampa locale, questi lavoratori disabili venivano condotti nelle fornaci con l’inganno da trafficanti di esseri umani (in questo caso si parla di “un tassista”), che per ogni persona “presentata” guadagnavano dai duecento ai trecento yuan, l’equivalente di poco più di venti-trenta euro. Sorvegliati a vista da guardiani che non esitavano a ricorrere alla violenza, questi schiavi di età compresa tra i 25 e i 45 anni vivevano rinchiusi in un cortile, costretti a lavorare oltre dieci ore al giorno senza percepire alcun salario che non fosse quella decina di yuan che di tanto in tanto veniva loro concessa per le spese personali. In seguito a questa indagine sono state arrestate dieci persone, tra cui il baogongtou (l’intermediario che procura e gestisce la forza lavoro) e i padroni delle due fornaci. Anche se l’operazione di soccorso ha avuto luogo lo scorso 28 aprile, sembra che ad oggi solamente una parte degli schiavi liberati abbia già fatto ritorno alla propria famiglia: stando ai dati forniti dalla polizia, appena quindici vittime sarebbero state riportate alle stazioni di soccorso dei propri paesi d’origine, mentre altre diciassette sarebbero ancora in attesa del riconoscimento da parte dei propri famigliari. Di fatto, gran parte di queste persone non sono in grado di parlare coerentemente o non sanno il nome del proprio paese natale.

E’ curioso osservare come la storia si ripeta. Esattamente due anni fa, il 27 maggio del 2007, un’analoga operazione di polizia aveva avuto luogo nella provincia settentrionale dello Shanxi. Allora gli agenti del comune di Guangshengsi stavano conducendo un’indagine sugli esplosivi per uso civile nell’area sottoposta alla propria amministrazione e per caso in una fornace di mattoni nel villaggio di Caoshengcun si erano imbattuti in trentuno lavoratori (parte dei quali disabili) costretti a lavorare come schiavi. Costoro avevano raccontato ai poliziotti storie terribili su come erano stati trascinati nella fornace con l’inganno e sulle condizioni disumane in cui erano stati costretti a lavorare, ma soprattutto avevano denunciato la morte di un loro compagno disabile, picchiato dai sorveglianti con una vanga e poi sepolto mentre ancora respirava. All’epoca questa storia, pubblicata prima sulla stampa locale e poi ripresa da internet e dai media nazionali, ha scatenato una sollevazione da parte dell’opinione pubblica cinese con ben pochi precedenti in Cina. Allora il governo centrale è intervenuto con decisione, lanciando un’indagine su vasta scala finalizzata a porre fine una volta per tutte ai traffici di esseri umani che conducevano alle fornaci. In base a quanto dichiarato agli inizi di agosto del 2007 nel corso di una conferenza stampa ufficiale, nell’arco di poco più di un mese dalle fornaci erano stati salvati 359 lavoratori migranti, 121 dei quali avevano problemi mentali.

Due anni dopo questa tempesta mediatica, il problema delle fornaci clandestine (così come quello delle miniere clandestine e di tutti quegli altri impianti in nero sparsi nelle campagne cinesi) è ben lungi dall’essere risolto. Anche se i funzionari, i media e l’opinione pubblica hanno smesso da tempo di occuparsene, sono ancora decine, se non centinaia, i genitori sulla strada alla ricerca dei figli adolescenti scomparsi. L’anno scorso ho avuto la “fortuna” di essere in compagnia di uno di questi padri proprio nel giorno in cui è arrivata la notizia che un ragazzo disabile era stato salvato da una fornace e ricordo bene la speranza riaccendersi negli occhi di quest’uomo disperato che da oltre un anno viaggiava su e giù per il paese alla ricerca del figlio. Di fatto, se il lettore comune non può non provare orrore di fronte alle storie delle fornaci che di tanto in tanto appaiono sui giornali, questi genitori si appigliano ad esse per trovare un barlume di speranza. Purtroppo, se è vero che la storia ama ripetersi, essa non è mai uguale a se stessa: quello che due anni fa avrebbe causato una sollevazione popolare, oggi non ottiene più di un trafiletto su una pagina interna di qualche giornale locale.

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