mercoledì 15 aprile 2009

Il “popolo della rete” e le nuove frontiere della democrazia partecipativa in Cina


In base agli ultimi dati disponibili, lo scorso mese di dicembre in Cina c’erano oltre 298 milioni di utenti di internet, una cifra nettamente superiore a quella registrata in qualsiasi altro paese al mondo, compresi gli Stati Uniti, i quali si piazzano fermamente al secondo posto con “appena” 223 milioni di utenti. Eppure, ciò che salta maggiormente all’occhio nel caso cinese, non è tanto la grandezza di questi numeri, quanto l’attivismo e il senso di coesione dei netizen. Per rendersi conto dell’intrinseco senso di solidarietà tra i cittadini del web, basta prendere in considerazione l’etimologia di due termini che vengono ampliamente riportati dai media cinesi: in primo luogo wangmin, letteralmente “popolo della rete”, una parola che viene utilizzata per indicare il complesso delle persone che utilizzano internet; in secondo luogo wangyou, “amici della rete”, un termine che solitamente viene utilizzato dagli utenti stessi. Generalmente, quando mi capita di dover tradurre queste due parole, scelgo di rendere entrambe con il termine “netizen”, una formula coniata non molto tempo fa che secondo me rende appieno l’idea “attiva” di cittadinanza e il senso di comunità che si percepisce nell’originale cinese.

I netizen sono una componente sempre più attiva nella società cinese, tanto che recentemente alcune iniziative avviate esclusivamente sul web sono riuscite a stimolare forti reazioni nell’opinione pubblica e (di conseguenza) nello stesso governo centrale. L’esempio più eclatante di questa nuova tendenza della “democrazia partecipativa” sul web, si è avuto nella primavera del 2007, quando un semplice post pubblicato su un forum locale per denunciare un traffico di esseri umani che conduceva alle fornaci di mattoni in nero dello Shanxi ha avviato una reazione a catena che ha coinvolto in successione i media nazionali, l’opinione pubblica dell’intero paese e infine le autorità di Pechino, le quali si sono trovate praticamente costrette a lanciare un’indagine su scala nazionale per porre fine al fenomeno. E’ stato in quell’occasione che molti hanno realizzato per la prima volta le enormi potenzialità della rete quale motore di democrazia e partecipazione anche in una società non pienamente democratica come quella cinese.

Spinto da questi avvenimenti, nel febbraio del 2008 Guo Quan, un ex-professore universitario dell’Università di Nanchino attivista per la democrazia, è arrivato ad annunciare sul web la nascita di un “Partito del popolo della rete cinese”, un’organizzazione fittizia dall’identità incerta (esistono uno statuto ed un paio di personaggi di riferimento, ma per ora non ci sono né un sito né una sede fisica), che nelle intenzioni dei fondatori avrebbe dovuto rappresentare il livello di aggregazione e consapevolezza ormai raggiunto dai cittadini della rete cinese. L’intento provocatorio di una simile iniziativa è indubbio, cionondimeno essa offre interessanti spunti di riflessione: com’è possibile che in un paese che adotta rigidi meccanismi di controllo del web esista una popolazione di netizen così attivi ed agguerriti? Esistono ulteriori spazi di sviluppo per il concetto di cittadinanza sul web in Cina?

Sembra che le autorità cinesi prendano seriamente la questione. Dopo una profonda riflessione sul rapporto tra il potere giudiziario ed il web stimolata negli scorsi mesi dal primo processo al motore di ricerca di carne umana, ieri si è avuta notizia di un’ulteriore iniziativa destinata a far discutere. La Corte Suprema cinese ha infatti pubblicato un documento intitolato “Opinione riguardo ad un ulteriore rafforzamento dell’attività di comunicazione della volontà popolare” (guanyu jinyibu jiaqiang minyi goutong gongzuo de yijian), in cui si sottolinea la necessità che i principali responsabili delle corti popolari a tutti i livelli almeno una volta all’anno incontrino i netizen per discutere direttamente con essi, comunicare, organizzare attività insieme e ascoltare le opinioni del popolo della rete nel suo insieme. Un nuovo germoglio di democrazia?


RIFERIMENTI:
- Gianluigi Negro, Caratteristiche dell'utenza cinese, post del 14 gennaio 2009 su W il Web Cinese
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Li Jingrui, Fayuan lingdao dingqi yu wangmin jiaoliu (I dirigenti dei tribunali dialogano a scadenze regolari con i netizen), Xinjingbao, 15 aprile 2009
- Corte Popolare Suprema, Guanyu jinyibu jiaqiang minyi goutong gongzuo de yijian (Opinione riguardo ad un ulteriore rafforzamento dell'attività di comunicazione della volontà popolare)
- John Kennedy, China: netizen party announced, post dell'8 febbraio 2008 su Global Voices Online
- Zhu Hongjun, Shanxi heizhuanyao fengbao bei ta dianran (La tempesta delle fornaci di mattoni in nero dello Shanxi è stata avviata da lei), Nanfang Zhoumo, 12 luglio 2007

3 commenti:

  1. Anzitutto mi complimento per l'interessante intervento! Infatti mi ha stimolato alcune domande che desidero porti. Prima di tutto una questione sui dati: la popolazione cinese si attesta a circa 1 miliardo e 300 milioni di abitanti, il popolo web cinese a 298 milioni ovvero il 23%, la popolazione americana invece si attesta attorno ai 300 milioni mentre il popolo web U.S.A. è di 223 milioni ovvero il 74%. non è azzardato un paragone tra i due? anche alla luce del fatto che in italia con in media 17 milioni di utenze ci si attesta al 28%...e in Italia il web pare essere uno strumento si di un certo rilievo, ma non quanto ci si aspetterebbe e i cui effetti a livello sulla popolazione latitano (o per lo meno è una mia impressione). Prendiamo il fenomeno Grillo, maggior blogger italiano con migliaia di contatti al giorno: è riuscito a portare in piazza la gente, ma alla fine in generale gli effetti sono stati limitati, ed è stato ricondotto alla nicchia a cui appartiene, IMHO. V'è anche un'altra questione: siamo poi sicuri che al numero di utenze corrisponda un pari attivismo nei confronti della democrazia? o quelle effettivamente attive sono forse solo elité rumorose? Siamo inoltre sicuri che venga posto in dubbio il sistema politico cinese in quanto tale? o invece gli utenti si facciano attivi si, ma senza l'intento di scardiare il sistema? infatti, è mia opinione che la democratizzazione di un paese passi per forza attraverso un mutamento radicale del sistema politico. Talvolta mi viene da pensare che non sia ciò che la maggior parte di tale utenze vuole..in ogni caso complimenti ancora! ;-)

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  2. Caro Mattia, grazie mille per il tuo lunghissimo e stimolante commento. Cercherò di rispondere in maniera molto concisa. Citando il fatto che ormai la Cina è al primo posto a livello mondiale per il numero di utenti internet, non intendevo suggerire un confronto fuorviante con gli Stati Uniti, ma mi limitavo a richiamare il messaggio che è passato su tutti i media cinesi (e in parte stranieri) nell'estate dello scorso anno, quando ovunque veniva riportata la notizia di questo "sorpasso". Nel mio piccolo, con questo post cercavo semplicemente di dare una prospettiva che andasse oltre la semplice questione numerica (su cui chiaramente non posso fare altro che darti ragione) per avviare una riflessione sulla "qualità" di questi netizen che si trovano ad agire in uno degli spazi virtuali più controllati al mondo. Per quanto riguarda la dimensione "politica" del popolo della rete in Cina, forse nel mio post non mi sono spiegato molto bene: non intendevo infatti riferirmi ad un movimento per la democrazia, ma ad una forma particolare di partecipazione all'interno di un sistema politico autoritario. Ti posso assicurare che i netizen cinesi raramente mettono in discussione il sistema politico cinese in quanto tale (anche se questa dimensione "dissidente" è presente su alcuni siti e forum, come Bullog, che è stato recentemente chiuso). Il mio richiamo alla "democrazia partecipativa" era riferito esclusivamente al fatto che i netizen cinesi sono pienamente in grado di sfruttare al meglio gli strumenti che la rete mette a loro disposizione al fine di influenzare le decisioni delle autorità, in alcuni casi anche a livello nazionale. Sicuramente, come tu scrivi, si tratta solamente di un rumoroso gruppo di elite, probabilmente neppure composto dagli elementi più progressisti, eppure l'influenza di questi netizen sull'opinione pubblica cinese è notevole, a dispetto di tutti i meccanismi di controllo che il governo cinese in genere adotta nei confronti della rete.

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  3. Anche io mi associo ai complimenti rivolti al sempre eccellente Ivan. Colgo però l'occasione per far notare a Mattia che sebbene il Web sia una piattaforma dalle potenzialità mondiali, secondo il mio modesto parere, va sottolineato che allo stato attuale l'utente cinese deve essere contestualizzato in un periodo storico e sociale particolare risulterebbe pertanto un po' azzardato creare un parallelismo con un suo simile italiano o occidentale in genere. Da qui le mie difficoltà nel comprendere il paragone tra il popolo dei grillini e il filone dei blogger cinesi.
    Sono invece d'accrodo sul tema del sorpasso, forse troppo sbandierato dai media nostrani. Piuttosto che soffermarsi sul numero di cinesi connessi sarebbe forse più opportuno capire come questi utilizzano il web. Gli ottimi articoli di Ivan testimoniano come parte di questi utenti (a ragione definiti d'elite) riescono a suscitare un seguito anche nella società civile (quella reale). Certo da qui a scardinare un sistema ce ne passa, ma è altrettanto vero che siamo solo agli inizi, il tempo ci darà delle risposte più concrete.

    Buon week end

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