lunedì 5 gennaio 2009

Il bene e il male nel primo processo al "motore di ricerca di carne umana"


In questo blog si parlerà spesso di “motore di ricerca di carne umana”. Che cosa si intende con questo termine? Sostanzialmente non è altro che un processo di ricerca “manuale” di dati attraverso la rete: l’utente interessato ad ottenere informazioni non fa altro che pubblicare una richiesta on-line nella forma di un post su un sito, poi spetta a coloro che leggono l’appello ricercare “a mano” i dati richiesti, mettendo a disposizione della collettività le proprie informazioni e le proprie competenze. Purtroppo negli ultimi anni questo meccanismo è stato utilizzato più e più volte per individuare ed additare alla pubblica vergogna persone che agli occhi dei netizen si sono rese colpevoli di atti contrari ad una non ben precisata morale comune, che si tratti di maltrattamenti ad animali, di prese di posizioni scomode su argomenti sensibili o di tradimenti coniugali. In maniera sorprendentemente analoga a quanto avveniva durante la Rivoluzione Culturale, l’identità dei “colpevoli” è stata svelata al pubblico, i loro dati personali (indirizzi, numeri di telefono, posti di lavoro…) sono stati pubblicati sul web ed essi sono stati sottoposti a pesanti attacchi psicologici che non si arrestavano a nessuna ora del giorno o della notte. Alcune delle vittime si sono chiuse in casa e non ne sono uscite per mesi, altre hanno perso il lavoro e hanno dovuto inventarsi dei modi per ricostruire la propria vita da zero, ma ciò che è ancora più inquietante è il fatto che il “motore di ricerca di carne umana” ha commesso spesso degli errori, finendo per coinvolgere in un inferno persone completamente innocenti.

Questo argomento mi ha sempre incuriosito. Esso è uno dei tanti aspetti caratteristici della rete cinese, un fenomeno che per anni è stato ignorato a favore di realtà più evidenti come quella della censura. Il “motore di ricerca di carne umana” mette in una luce molto cupa l’intero ruolo della rete nella vita degli individui, mettendo in crisi il sentire comune che vede in internet un veicolo di informazione ed, eventualmente, di democratizzazione. Qui di seguito riporto la bozza integrale in italiano di un mio articolo sull’argomento che è stato pubblicato qualche giorno fa sul Nandu Zhoukan (un’altra versione del testo è già stata pubblicata in Italia sulla rivista Mondo Cinese). La stesura di questo testo è stata per me un’occasione per ripercorre i principali casi che negli ultimi anni hanno coinvolto il “motore di ricerca di carne umana”, nonché il punto di partenza per una riflessione sulla natura “tipicamente cinese” di questo fenomeno.



“La pressione psicologica è stata enorme e questo ha influenzato non solo la mia vita quotidiana, ma ha coinvolto anche i miei famigliari: la sofferenza è stata grande e mi sono sentito molto depresso”. “Ho dovuto sopportare una sofferenza psicologica che ancora oggi non mi permette di vivere come una persona normale”. Chi scrive queste parole non è una persona anziana che richiama esperienze vissute quarant’anni fa nel corso della Rivoluzione Culturale, ma un giovane di meno di trent’anni che vive nel centro di una grande metropoli della Cina di oggi. Non è stato costretto a sfilare per le strade con un cappello a punta, le mani dietro la schiena ed un cartello al collo, non gli sono stati rapati i capelli su metà della testa e non è stato selvaggiamente picchiato, ma la sofferenza che esprime non è poi così differente da quella che si può trovare in tanti racconti di reduci di quegli anni. Anche se non è stato etichettato come contro-rivoluzionario, revisionista o elemento borghese, egli è stato ugualmente additato alla pubblica vergogna senza avere la possibilità di difendersi. Il suo nome non è stato scritto a grandi caratteri su dazibao appesi sulle pareti di luoghi frequentatissimi, ma è apparso su tutti i principali forum in cui i netizens si riuniscono per discutere del più e del meno. Questo giovane è una vittima del motore di ricerca di carne umana.

Cos’è il motore di ricerca di carne umana? L’enciclopedia online di Baidu (baidu baike) ne dà la seguente definizione: “Si tratta di meccanismo che approfitta maggiormente della forza umana per dedurre informazioni dalle informazioni fornite dai motori di ricerca tradizionali”. Come tutti i motori di ricerca, anche questo motore di ricerca viene utilizzato per reperire nuove informazioni a partire da dati già disponibili all’utente. Eppure la sua unicità rispetto a omologhi più celebri quali Google e Baidu risulta evidente almeno sotto due aspetti: le dinamiche di funzionamento e la natura dei dati che generalmente vengono cercati. Per quanto riguarda la questione del funzionamento, mentre i comuni motori di ricerca in genere si basano su propri algoritmi e database, il motore di ricerca di carne umana non ha niente di tutto ciò. L’utente interessato ad ottenere informazioni non fa altro che pubblicare una richiesta nella semplice forma di un post su un sito, poi spetta a coloro che leggono l’appello ricercare “manualmente” i dati richiesti. E’ chiaro che maggiore è il numero degli utenti che partecipano alla ricerca, maggiore è la probabilità di successo. Per quanto riguarda invece la questione delle informazioni che possono essere cercate attraverso il motore di ricerca di carne umana, un simile strumento ha potenzialità infinite, ma negli ultimi anni in Cina è apparsa una preoccupante tendenza a concentrarsi sui dati personali di singoli individui, quali indirizzi, numeri telefonici, numeri di carta d’identità, indirizzi del posto di lavoro, etc. Da questo punto di vista, la denominazione “motore di ricerca di carne umana” è particolarmente efficace, in quanto essa si basa su una certa ambiguità semantica: se da un lato “carne umana” si riferisce alla materia prima necessaria al funzionamento del motore di ricerca, vale a dire la collaborazione concreta degli utenti reali (tanto che si può parlare di renrou canyu de sousuo, “motore di ricerca con la partecipazione della carne umana”), dall’altro la formula può tranquillamente stare ad indicare l’oggetto della ricerca, vale a dire la realtà fisica, le ossa e il sangue di singoli individui nella forma dei loro dati privati (e in questo caso sarebbe più opportuno parlare di zhendui renrou de sousuo, appunto “motore di ricerca di carne umana”).

Sono molte le strategie che gli utenti della rete adottano per reperire le informazioni richieste. Poniamo per esempio che sia stato pubblicato un post con la foto di una persona accompagnata da una richiesta di ottenere qualche informazione in più sul soggetto ritratto: i netizens sceglieranno di diffondere l’immagine su tutti gli spazi web a loro disposizione (forum, blog, social network, etc.), fino al momento in cui qualcuno che dispone di informazioni più precise sulla persona ricercata non si farà avanti con nuovi dati che permettano di restringere il campo delle indagini. Se poi si conosce il numero di telefono ma non l’identità della persona ricercata, trovare ulteriori dati è molto semplice: qualcuno andrà in banca e farà finta di dover pagare la bolletta telefonica per ottenere un nome e un cognome. Se invece si conosce un nome è semplice risalire ai dati personali e alla vita privata di una persona: non è poi così difficile ottenere i dati contenuti negli archivi di scuole, banche, agenzie immobiliari e varie unità di lavoro. Anche nei casi più difficili, vale a dire quelli in cui si conosce solamente l’indirizzo IP di un utente, non esistono ostacoli insormontabili, in quanto ci sono sempre netizens dotati delle conoscenze informatiche necessarie per penetrare i segreti che si nascondono dietro a quelle cifre misteriose per i più. Di fatto, ottenere informazioni appartenenti alla sfera privata dei singoli cittadini cinesi è così semplice che molti sostenitori del motore di ricerca di carne umana arrivano a rispondere alle critiche mettendo in discussione la natura privata dei dati stessi.

Il motore di ricerca di carne umana si inserisce a pieno titolo in una più generale tendenza della rete. Negli ultimi anni infatti l’intera rete si sta evolvendo da una dimensione principalmente “meccanica” ad una dimensione più “umana”, cosa che avviene principalmente attraverso la creazione di strutture dinamiche che facilitano e massimizzano l’apporto creativo ed informativo del singolo individuo al sistema. Le manifestazioni più recenti di questo fenomeno, tecnicamente definito web 2.0, possono essere individuate nell’esplosione della blogosfera, nel fiorire dei forum, nell’emergere dei social network e nello sviluppo di forme collettive di gestione della conoscenza quali Wikipedia. I siti web non sono più strumenti rigidi di un dialogo unidirezionale tra il webmaster e un utente inteso come un’entita passiva vagamente paragonabile ad un “suddito”, ma si sono trasformati in strutture organiche in continua espansione grazie all’apporto attivo di quelli che ora possono essere definiti a tutti gli effetti “netizens”, veri e propri cittadini in grado di esprimere le proprie idee e di contribuire in maniera significativa allo svolgimento della vita pubblica della rete (e non solo). La Cina, che ormai può contare sulla cifra record di 253 milioni di utenti internet, si è inserita rapidamente in questa generale tendenza e continua a dare un proprio fondamentale contributo allo sviluppo del web 2.0. Eppure, nonostante ciò, al momento è il motore di ricerca di carne umana ad occupare il centro dell’attenzione.

Sono già alcuni anni che in Cina si parla di “motore di ricerca di carne umana”. Il primo caso per il quale viene utilizzato questo termine risale al 2001, quando sul forum MOP è stato pubblicato un post in cui l’autore riportava la foto di una bellissima ragazza e scriveva che si trattava della sua fidanzata. Questa affermazione allora ha sollevato diversi dubbi tra i netizens cinesi, i quali si sono prontamente mobilitati, arrivando a scoprire in breve tempo che si trattava di una portavoce di Microsoft che non aveva alcun tipo di rapporto con l’autore del post. Per alcuni anni poi il motore di ricerca di carne umana ha continuato ad operare, ma nella maggior parte dei casi si è limitato ad esporre casi di tradimenti coniugali o altre vicende private di scarsa rilevanza pubblica.

E’ stato solamente a partire dal 2006 che il motore di ricerca di carne umana ha iniziato a giocare un ruolo fondamentale nella risoluzione di tutta una serie di casi che, per un motivo o per l’altro, hanno attirato l’attenzione dei media nazionali. Nel febbraio del 2006 il motore di ricerca di carne umana è entrato in azione per individuare la protagonista di un filmato circolato sul web in cui si vedeva una donna torturare ed uccidere un gattino con il tacco di una scarpa. La responsabile è stata individuata nella figura di un’infermiera di mezza età che viveva nel nord-est del paese: dopo che la sua identità è stata esposta, la donna ha perso il lavoro e non è stata in grado di trovare una nuova occupazione. Nell’aprile del 2006 è stata la volta del “caso di Dongxu” (dongxumen), quando è il motore di ricerca di carne umana ha esposto su internet i protagonisti di una storia di amore adulterina nata nel contesto del popolare gioco di ruolo on-line World of Warcraft: i dati personali della donna adultera e del suo amante, un giovane studente, sono stati resi pubblici nei minimi dettagli e i due sono stati messi alla gogna. Nell’agosto del 2006 i netizens hanno cominciato a dare la caccia all’autore di un blog dal contenuto scabroso in cui l’autore, un sedicente insegnante britannico di lingua inglese residente a Shanghai che si firmava come “Chinabounder”, raccontava le proprie avventure sessuali con giovani ragazze del posto, abbandonandosi a più riprese a considerazioni razziste nei confronti degli uomini cinesi. Anche se un gruppo di artisti cinesi ha affermato di aver ideato questo blog come un esperimento artistico d’avanguardia, ad oggi rimangono seri dubbi sull’identità di “Chinabounder”, tanto che recentemente è stata diffusa la notizia dell’imminente pubblicazione di un libro in Giappone in cui verrebbe finalmente rivelato il nome di questo fantomatico lettore.

Gli scandali a sfondo erotico sembrano essere una delle materie predilette dal motore di ricerca di carne umana: storie di triangoli, tradimenti e foto senza veli finiscono immancabilmente nelle sue fauci. Nell’estate del 2007 i netizens hanno deciso di indagare sulla protagonista di alcune foto senza veli che si diceva fosse l’assistente di un manager straniero dell’azienda Electrolux in vacanza sull’isola di Hainan con il suo capo. A quanto si diceva, queste foto erano state sottratte dall’album del blog privato (protetto da password) del dirigente e successivamente diffuse su vari siti internet, quanto bastava ai netizens per condannare la ragazza per la sua presunta “condotta immorale”. All’inizio del 2008 è toccato poi al caso di Wang Fei, uno degli incidenti più celebri che hanno contribuito a rendere di uso comune l’espressione “motore di ricerca di carne umana”. Il 29 dicembre del 2007 a Pechino una donna di trentun’anni di nome Jiang Yan si è suicidata saltando dalla finestra della sua abitazione al ventiquattresimo piano di un palazzo. Le cose tra lei ed il marito, il venticinquenne Wang Fei, ormai da tempo non andavano bene e l’uomo aveva già instaurato un rapporto con un’altra ragazza, una collega che aveva conosciuto sul posto di lavoro. Pochi giorni dopo la morte di Jiang Yan, il contenuto del blog della defunta (inclusa una foto del marito con la nuova fiamma) ha iniziato a circolare sul web e su diversi siti è apparso un post intitolato “L’ultima pagina del blog di una ragazza che si è suicidata saltando dal ventiquattresimo piano”. Per i netizens non è stato difficile risalire a tutti i dati personali di Wang Fei, considerato il responsabile della morte della moglie. Da quel momento per il giovane è iniziato un incubo: oltre a ricevere quotidianamente minacce, insulti e intimidazioni da sconosciuti, oltre a non avere più il coraggio di uscire di casa, egli ha perso il lavoro e non è più stato in grado di trovare una nuova occupazione, perché ovunque vada l’ombra della sua storia lo segue. Qualche mese fa Wang Fei ha deciso di incaricare un avvocato di denunciare alcuni siti web per diffamazione: questo è dunque diventato il primo caso giudiziario riguardante il motore di ricerca di carne umana e pertanto è seguito con notevole interesse da moltissime riviste e siti web cinesi.

Quelli citati finora sono solamente alcuni dei tantissimi casi che hanno coinvolto il motore di ricerca di carne umana negli ultimi anni. Non si possono dimenticare altri casi che hanno avuto grande risonanza come quello della tigre di Zhou Zhenglong dell’estate del 2007, la caccia alla bambina che ha pronunciato la frase “molto pornografico, molto violento” e il più recente (e più drammatico) scandalo che ha coinvolto Lin Jiaxiang, segretario dell’organizzazione di Partito e vice-capo Ufficio di Shenzhen che alla fine di ottobre 2008 ha tentato di molestare impunemente una bambina di undici anni in un ristorante. L’utilizzo di questo sistema è ormai talmente diffuso che sui principali forum cinesi è comune leggere post nei quali gli utenti esprimono la propria paura di scrivere qualcosa di troppo che permetta eventualmente di identificarli. Nessuno ha più il coraggio di pubblicare nulla che potrebbe portare alla propria identificazione da parte degli altri netizens, non il proprio nome, non il luogo in cui si vive, non il proprio lavoro: tutti hanno i propri scheletri nell’armadio e nessuno vuole essere messo alla gogna senza avere la possibilità di difendersi. Di fatto, è capitato più volte che il motore di ricerca di carne umana abbia commesso degli errori. E’ successo ad esempio lo scorso aprile, quando il motore di ricerca di carne umana ha diffuso i dati di quello che si presumeva fosse l’attivista tibetano che aveva aggredito l’atleta disabile Jin Jing a Parigi nel tentativo di sottrarle la fiaccola olimpica: successivamente si è scoperto che si trattava di un tibetano residente negli Stati Uniti che, pur avendo partecipato ad alcune manifestazioni di protesta, non era mai stato in Francia in vita sua. E’ successo di nuovo lo scorso giugno, quando una giovane madre ventiseienne di Chengdu è stata erroneamente indicata come l’autrice di un post in cui si elencavano i vantaggi di farsi mantenere come amante (ernai) da un uomo ricco e potente. In entrambi i casi, le vittime hanno descritto ai giornalisti che li hanno intervistati la pesantezza delle pressioni psicologiche subite, le telefonate a tutte le ore del giorno e della notte, le minacce e gli insulti, gli attacchi ad amici e parenti.

E’ da notare il fatto che il motore di ricerca di carne umana non entra in gioco solamente nel caso di azioni che vanno contro una non precisata morale comune, ma anche qualora qualcuno si permetta di esprimere “opinioni” intollerabili per il sentire comune dei netizens. Recentemente in Cina abbiamo avuto modo di assistere ad almeno due incidenti di questo tipo. Il primo caso è quello di Wang Qianyuan (Grace Wang), la studentessa della Duke University che lo scorso aprile è stata fotografata negli Stati Uniti mentre scriveva sulla schiena di un compagno americano uno slogan a favore dell’indipendenza del Tibet durante un’accesa manifestazione che vedeva a confronto studenti cinesi ed americani sulla spinosa questione tibetana. Il secondo caso è quello della ventunenne Gao Qianhui, che in un filmato girato con una webcam si è abbandonata a commenti volgari e sprezzanti sulla popolazione del Sichuan qualche giorno dopo il sisma. In entrambi i casi, le opinioni espresse sono discutibili e, specialmente nel secondo caso, non avrebbero neppure meritato di essere prese in considerazione, eppure esse sono risultate inaccettabilili per i netizens cinesi che hanno avviato una caccia all’uomo con effetti devastanti per la vita delle due ragazze, al punto che Gao Qianhui è stata addirittura detenuta dalla polizia per qualche giorno. Il dibattito sul web successivamente è stato riformulato nei seguenti termini: se le ragazze avevano il pieno diritto di esprimere le loro opinioni, era altrettanto legittimo per i netizens avvalersi della stessa libertà di parola per ventilare la propria opposizione, a patto che alle giovani “colpevoli” non venisse causato alcun danno fisico.

D’altra parte bisogna ricordare che il motore di ricerca di carne umana non sempre ha scopi “punitivi”: è successo spesso che i netizen si siano mobilitati per salvare persone in difficoltà, oppure per ritrovare ed encomiare “eroi della porta accanto” che avrebbero preferito rimanere nell’anonimato. Emblematico è il caso dello scandalo delle fornaci di mattoni in nero dalla provincia dello Shanxi scoppiato lo scorso anno: quando si è scoperto che alcuni dei lavoratori salvati dalla schiavitù delle fornaci erano nuovamente scomparsi senza lasciare traccia, sul web è stata avviata una campagna per ritrovarli. In particolare, le foto ed i dati personali di due giovani, Shi Guoqiang e Feng Jianwei, sono stati riproposti su migliaia di blog, forum e siti internet insieme ad una richiesta di aiuto. Purtroppo oggi, a più di un anno di distanza, le foto sono ancora lì, ma dei due ragazzi non si ha ancora nessuna notizia. Questo può essere letto come la dimostrazione di uno dei limiti più evidenti del motore di ricerca di carne umana, vale a dire il fatto che esso non funziona con tutte le persone fisiche, ma solamente con quelle che utilizzano abitualmente la rete e contribuiscono attivamente ad arricchirla di significato (con i propri blog, le proprie foto, i propri commenti, etc.): per il motore di ricerca di carne umana rintracciare il contadino, il lavoratore indigente, il poveraccio che chiede l’elemosina per strada è estremamente difficile, se non impossibile.

Per quali ragioni il motore di ricerca di carne umana in Cina ha trovato un terreno fertile per svilupparsi? In primo luogo possiamo individuare una ragione tecnica, in quanto non sono molti i paesi che possono contare su siti web finalizzati alla discussione degli utenti (forum) con un traffico tale da poter sostenere una funzione costosa in termini di risorse umane come il motore di ricerca di carne umana. In Cina sono almeno due le piattaforme in grado supportare con efficacia una simile attività, vale a dire MOP (più di sessanta milioni di utenti registrati e cinquecento milioni di visualizzazioni giornaliere delle pagine web) e Tianya (oltre venti milioni di utenti registrati e più di cento milioni di visitatori giornalieri). In secondo luogo esiste un effetto trainante da parte degli altri siti e dei media tradizionali: ogni volta che scoppia un grosso caso in cui è coinvolto il motore di ricerca di carne umana, quasi tutti i media – inclusa la CCTV – infatti scelgono di dare ampio risalto alla vicenda. Infine c’è una ragione giuridica, in quanto in Cina non esiste ancora una legislazione sulla privacy e l’unico modo in cui le vittime del motore di ricerca di carne umana possono tutelarsi giuridicamente è quella di ricorrere per diffamazione. Come osserva Liu Deliang, docente dell’Università delle Poste e delle Comunicazioni di Pechino, il concetto di privacy è estraneo alla tradizione cinese: “In Cina manca una cultura della privacy, così come une legislazione sull’argomento: di fatto ci sono serie divergenze tra i cinesi su quale sia la definizione di privacy e su cosa rientri nella sfera privata. Lo stesso termine ‘privacy’ è stato introdotto dall’estero, come prestito della legislazione americana”.

Almeno per quanto riguarda l’aspetto giuridico, sembra che le cose siano in procinto di cambiare. Già nel 2003 il Consiglio per gli Affari di Stato ha incaricato un gruppo di specialisti dell’Accademia di Scienze Sociali di approfondire la questione della tutela legale dei dati personali e di redigere una proposta di bozza di legge in materia. Anche se la bozza di “Legge sulla protezione dei dati personali” è stata consegnata agli organi responsabili nell’aprile del 2005, il processo legislativo sta procedendo a rilento, tanto che nel corso dell’ultima sessione dell’Assemblea Nazionale Popolare e della Conferenza Politico Consultiva del Popolo Cinese diverse voci si sono levate per richiedere un’accelerazione. La notizia più recente è che il comitato permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare ha avviato la discussione di un emendamento al codice penale in cui si prevede l’aggiunta di un nuovo articolo che prevede una pena massima di tre anni di reclusione per i dipendenti di unità di lavoro nel campo finanziario, delle telecomunicazioni, dei trasporti e sanitario che vendono o forniscono illegalmente a terzi le informazioni personali dei propri clienti. Anche se si ritiene che questo porrà le basi per lo stabilimento della responsabilità giuridica di coloro che si servono del motore di ricerca di carne umana, nell’attuale situazione di vuoto giuridico la questione della diffusione dei dati personali in rete sta diventando così pressante che alcuni siti web stanno pensando di adottare dei codici di autodisciplina per controllare l’attività del motore di ricerca di carne umana, arrivando eventualmente ad assumere personale specializzato per gestirne il funzionamento. Interrogato sulla questione, uno dei responsabili del sito MOP ci ha detto: “Aspettate ancora un paio di mesi e saprete tutto”.

Attualmente per una vittima del motore di ricerca di carne umana l’unico modo per tutelarsi giuridicamente è quello di ricorrere contro i siti web per il reato di diffamazione, come si evince da quanto spiegato in diversi commenti della Corte Popolare Suprema. Per vincere la battaglia legale, le due parti sono dunque tenute ad impegnarsi in una lunga battaglia in cui devono fornire prove e controprove a dimostrazione della veridicità o falsità di ogni singola affermazione contestata. Si tratta di un colossale impegno che rischia di oscurare il fatto che la sostanza del problema non sono tanto le pur discutibili azioni commesse dalle vittime del motore di ricerca di carne umana (azioni che in ogni caso, per un motivo o per l’altro, non sono perseguibili legalmente), quanto la violazione del diritto alla riservatezza di alcuni privati cittadini.

Il 18 dicembre, in ritardo di tre mesi sui tempi previsti, è finalmente uscita la sentenza del caso Wang Fei. Arrivare ad una decisione condivisa è stato estremamente difficile, tanto che nel luglio del 2008 cinquantaquattro giudici del tribunale di Chaoyang, sede del processo, si sono riuniti per discutere gli aspetti legali della vicenda. Il giovane, per tramite del suo avvocato, aveva richiesto a tre siti web (Daqi, Tianya e un sito creato appositamente dopo la morte di Jiang Yan da Zhang Leyi, un amico della donna) di smetterla di attaccarlo, di ripristinare la sua reputazione, di smettere di influenzare la sua vita e di scusarsi; inoltre aveva chiesto 75.000 yuan di salari perduti e 60.000 yuan per i danni psicologici subiti. I giudici di Chaoyang hanno accolto solamente in parte le sue richieste, condannando Zhang Leyi e Beijing Lingyun Interactive Information and Technology Co Ltd ( la società che gestisce Daqi) a pagare rispettivamente 5.000 e 3.000 yuan più 684 yuan ciascuna per le spese legali. Tianya è stata invece assolta, in quanto essa avrebbe preso per tempo delle misure per prevenire la pubblicazione on line di contenuti che avrebbero potuto danneggiare la reputazione e la privacy di Wang Fei. Il fatto che si sia arrivati a delle condanne, per quanto irrisorie, va a creare un importante precedente che sicuramente influenzerà fortemente la futura giurisprudenza nel campo della privacy e della violenza in rete.

In un suo intervento sul blog “Daisangebiao” di qualche mese fa, Wang Xiaofeng, un blogger che sulla rete ha costruito tutta la sua notorietà, si è espresso in questa maniera: “Il motore di ricerca di carne umana è davvero una cosa tipicamente cinese, esso è un mascalzone che quando la Cina entra nell’era dell’informazione ritorna al periodo della Rivoluzione Culturale”. Oltre a Wang Xiaofeng, diversi commentatori discutendo del problema della violenza in rete hanno richiamato presunte analogie con il periodo della Rivoluzione Culturale. Infatti, per quanto i fatti che vengono attribuiti alle vittime del motore di ricerca di carne umana a volte facciano ribollire il sangue, queste persone vengono condannate sommariamente senza avere la minima possibilità di controbattere alle accuse. Una volta condannate esse poi cessano automaticamente di essere considerate persone e possono essere gratuitamente sottoposte ad ogni tipo di angheria e di insulto. Analogie possono poi essere individuate anche con realtà ben più antiche, risalenti addirittura al periodo imperiale, come ad esempio il fatto che il motore di ricerca di carne umana non va a colpire solo i (presunti) diretti responsabili dei “misfatti”, ma anche tutta la cerchia delle loro conoscenze, in una sorta di riproposizione moderna della colpa collettiva quale si poteva trovare nei codici legali dell’epoca imperiale ove si prevedeva che nei casi più gravi venissero condannati a morte non solo i colpevoli, ma anche i loro famigliari ed il loro clan.

All’inizio di novembre del 2008 su Tianya è apparso un post firmato da Zhu Guangbing in cui si scriveva che chiunque avesse risposto in maniera civile e avesse scritto il proprio vero nome nei commenti avrebbe ricevuto cento yuan. L’iniziatore di questa crociata contro la violenza in rete non era altro che un’altra vittima del motore di ricerca di carne umana. Zhu Guangbing infatti in rete è conosciuto dai più come “Zhu ruba ruba”, netizen additato alla pubblica vergogna nel giugno del 2008 per aver tentato di approfittare del terremoto di Wenchuan acquistando tutta una serie di domini internet aventi attinenza con la tragedia. Una volta che il motore di ricerca di carne umana è stato chiamato in causa, egli è stato sottoposto ad una serie interminabile di insulti e vessazioni, tanto che nell’agosto del 2008 si è dimesso dal proprio lavoro in un’azienda dello Zhejiang. Da allora i suoi sforzi si sono rivolti a contrastare il motore di ricerca di carne umana e il problema della violenza in rete, prima con la creazione di una hotline per le vittime, poi con iniziative come quella del post di Tianya.

La crociata contro il motore di ricerca di carne umana sembra destinata a fallire. Il punto è che alla base di un simile fenomeno esiste un profondo dilemma etico: agli occhi dell’opinione pubblica alcune persone meritano di essere punite, ma la giustizia ordinaria non è in grado di provvedere. La rete permette ad ogni netizen di trasformarsi in un giustiziere e di soddisfare il proprio senso di giustizia senza correre troppi rischi. Come ci ha detto Liu Deliang: “La natura aperta e virtuale della rete può oggettivamente portare le persone a credere erroneamente che le proprie azioni on-line non possano essere scoperte e non siano sottoposte ad alcun vincolo”. Come porre dei paletti all’arbitrio dei netizens senza per questo limitare la loro libertà di espressione sarà la sfida che i legislatori e i gestori cinesi della rete si troveranno ad affrontare nei prossimi anni. La regola aurea “non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te”, espressa un tempo da Confucio ma comune anche al pensiero occidentale, non va di moda nell’epoca dell’informazione.



FONTI:

Il bene e il male del primo caso sul “motore di ricerca di carne umana” (in cinese), articolo pubblicatosul Nandu Zhoukan n.281 del 2 gennaio 2009, pg. 18-19.
Il "motore di ricerca di carne umana": la caccia all'uomo nell'epoca di internet, articolo pubblicato su Mondo Cinese n.136

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