venerdì 2 gennaio 2009

Cambiare la Cina attraverso le pagine di una rivista di moda



Quando anni fa ho deciso di iniziare a studiare cinese, tra le tante cose che pensavo un giorno avrei potuto fare non c’era certo la possibilità di scrivere su una delle riviste maschili più lette in Cina. Eppure è successo. Dallo scorso agosto l’edizione cinese di Esquire, “Shishang Xiansheng”, ha un nuovo caporedattore, Dou Jiangming, un amico che ho avuto modo di conoscere diversi mesi fa quando svolgevo delle ricerche su traffico di esseri umani nelle provincie dello Henan e dello Shanxi. Quando lo ho conosciuto, Dou Jiangming lavorava come redattore presso il Nanfang Dushibao (Southern Metropolis Daily), un influente quotidiano della Cina meridionale, noto per la qualità dei suoi reportage investigativi su tematiche socialmente sensibili. Avevo sentito parlare di lui per la prima volta nell’estate del 2007, quando avevo letto la notizia che un certo IamV (“giornalista di un importante giornale della Cina meridionale”) aveva aperto diversi blog per coordinare in rete le ricerche dei ragazzi scomparsi nelle fornaci. Incuriosito, avevo telefonato alla redazione del giornale su cui avevo letto questa storia ed ero riuscito ad ottenere il suo contatto. Pochi giorni dopo, il nostro primo incontro in una caffetteria nella zona di Chongwenmen a Pechino.
L’attività principale di Dou Jiangming è quella di critico cinematografico. Quando lavorava al Nanfang Dushibao, egli si occupava principalmente della redazione delle pagine di cultura e spettacoli della rivista. Il motivo per cui i più lo conoscono e lo apprezzano sta tuttavia in ben altro, vale a dire nel suo impegno nella ricerca dei ragazzi scomparsi nelle fornaci e nel perseguimento di altre cause sociali volte alla “salvezza spirituale del popolo cinese”. Per queste ragioni mi sono stupito quando un giorno della scorsa estate, in pieno periodo olimpico, mi ha raccontato che presto sarebbe passato a dirigere Esquire: che c’entrava uno come Dou Jiangming con una rivista di moda maschile, da molti vista come simbolo di frivolezza? Valeva la pena abbandonare il Nanfang Dushibao, bastione del giornalismo “indipendente” e “militante” (le virgolette in questo caso sono d’obbligo) in Cina? Lo stesso interrogativo se lo era posto Dou Jiangming stesso. Lo scorso 14 agosto egli ha pubblicato sul suo blog personale un post a spiegazione delle proprie scelte. Da quanto scrive, si capisce che accettare la nuova posizione a Esquire non è stata assolutamente una rinuncia, ma solamente un modo per proseguire la battaglia per un nuovo modello di giornalismo in Cina. La battaglia per un’informazione più libera in Cina si combatte su tutti i campi, comprese le riviste di moda.
Qui di seguito riporto la traduzione integrale del post di Dou Jiangming:





L’INCROCIO TRA ESQUIRE E IL NANFANG DUSHIBAO


Il fatto che io abbia preso il posto di Wang Feng è stato una sorpresa per molti.
Credo che questa sorpresa sia dovuta ad un malinteso.
Da un lato c’è un malinteso nei confronti del Nanfang Dushibao.
Una tipica lettura errata vede il Nanfang Dushibao come un “media anti-cinese”. I “giovani incazzati di merda” (1) farebbero meglio a leggersi bene il Rapporto finale del Diciassettesimo Congresso del Partito Comunista Cinese per comprendere il progresso del Partito e riflettere sui miasmi che essi hanno tirato fuori dalla discarica della storia. Quale articolo del Nanfang Dushibao viola lo spirito del nostro Partito di oggi? Alcune persone hanno preso il Signor Democrazia e il Signor Scienza (2) come nemici immaginari e pretendono che il Partito sia legato a loro stessi. Non si può fare a meno di riderne. Il Nanfang Dushibao è un media cinese, così come tutti gli altri media del paese.
Poi c’è un’altra lettura sbagliata che vede il Nanfang Dushibao come giornalismo di base. Forse che la preoccupazione per il benessere del popolo, per la società e per le masse in una posizione di debolezza non è un argomento di conversazione dominante nell’elite di questa società? Oltretutto, l’influenza del Nanfang Dushibao nel campo della cultura, dell’intrattenimento e dello sport è sotto gli occhi di tutti.
Dall’altro lato c’è un malinteso nei confronti di Esquire, un errore che anch’io ho commesso all’inizio. Forse siete stati ingannati dal nome e pensate che esso abbia “alla moda” come attributo fondamentale (3). Ma se sfogliate gli Esquire degli ultimi anni, vi renderete conto che si tratta di un’eccezione nel mondo delle riviste di moda: la sua comprensione della Cina, la sua attenzione alla società, la sua reazione al mondo vanno ben oltre ciò che le persone immaginano quando sentono le due parole “alla moda”.
“Signore alla moda” è l’edizione cinese dell’illustre giornale internazionale Esquire, il quale è stato iniziatore del “nuovo giornalismo”: durante la guerra del Vietnam è stato questo giornale a pubblicare articoli sui massacri di civili da parte delle truppe americane.
La gente ha l’impressione che le riviste di moda non abbiano a cuore l’interesse della società, ma solamente il godimento individuale. Eppure è difficile immaginare che una persona di questo tipo riesca a conquistarsi il rispetto degli altri. Le riviste per uomini hanno un senso di responsabilità sociale che si può dire sia praticamente innato.
Prima di entrare a far parte della rivista ho scritto una lettera a Zhang Xiaodong, l’assistente editore di Esquire, per spiegargli i miei pensieri. Forse questo spiegherà alcune cose ai miei amici:


Non ho mai avuto alcun rapporto con la moda, neppure dopo aver lavorato per quasi dieci anni nell’intrattenimento al Nanfang Dushibao e aver organizzato otto edizioni del Premio dei media per il cinema cinese. Al tempo del decimo anniversario del Nanfang Dushibao, ho scritto un articolo retrospettivo, “I miei ricordi del Nanfang Dushibao” nel quale spiego a grandi linee qual era la mia situazione.
Quando l’anno scorso sono venuto a Pechino, non mi occupavo già più dell’intrattenimento: stavo lavorando per sviluppare l’ufficio di Pechino, mentre allo stesso tempo spendevo molte energie per prestare attenzione alla situazione delle fornaci di mattoni in nero cinesi (su cui ho anche iniziato un blog, "Alla ricerca dei lavoratori delle fornaci nuovamente scomparsi"), una cosa ancora più lontana dalle due parole “alla moda”.
Così quando Esquire ha pensato di venire a cercare me come caporedattore, la mia prima reazione è stata “non è possibile”. E’ imbarazzante, ma avevo solamente una conoscenza assolutamente superficiale della rivista, motivo per cui allora veramente sentivo di non avere molto in comune con essa. Dopo aver approfondito questa conoscenza, mi sono reso conto di due cose: in primo luogo che molti dei suoi contenuti li avevo già visti navigando sul web, in secondo luogo che veramente la mia strada e quella di Esquire si incrociavano.
L’incrocio più superficiale naturalmente sta nel mondo dell’intrattenimento, in particolare nell’attenzione che da molti anni presto al mondo del cinema. Ma ho trovato anche qualcosa di più importante. Wang Feng, il mio predecessore, riguardo all’idea fondante di Esquire ha affermato: “Questa rivista dovrebbe rappresentare le forze sociali e produttive più avanzate, le idee e la cultura più avanzate e gli ideali delle classi sociali più avanzate. Penso che queste ‘tre rappresentanze’ (4) fondamentalmente comprendano i contenuti e i valori di questa rivista”.
Naturalmente questo mi ha fatto pensare alla maniera in cui il Nanfang Dushibao definisce la propria posizione: “Uno scriba del progresso dei tempi, un allevatore della società moderna, un ispiratore per la coscienza civica”. La Cina si trova proprio nel corso della transizione più intensa della sua storia e i media che si limitano al senso più ristretto della definizione “alla moda” forse non hanno modo di prestare la dovuta attenzione a quest’epoca in cui viviamo. Il Nanfang Dushibao e Esquire parlano ad audience differenti, ma hanno lo stesso modo di pensare.
Naturalmente non sto assolutamente dicendo che sotto la mia direzione ho intenzione di trasformare l’”uomo alla moda” in un “uomo della città del sud” (5), ma sto solamente cercando di dire che il Nanfang Dushibao ha avuto una grande influenza su di me e che questa influenza ha punti d’incontro relativamente numerosi con la posizione di Esquire. Ora che ho trovato questo incrocio, ho trovato anche interesse e fiducia sufficienti per accettare questo incarico.


Naturalmente, oltre a questo punto d’incontro, rimangono numerose differenze. Un amico mi ha chiesto: cambierai? Un altro mi ha chiesto: Esquire cambierà? In realtà non voglio usare la parola “cambiamento”. In sua vece preferirei usare il termine “crescita”. Certamente, la differenza con l’accezione fisica di questa parola (ove il risultato finale della crescita è la maturità e poi la vecchiaia) sta nel fatto che questa crescita è illimitata: attraverso il dialogo e la lotta con il mondo, i suoi frutti saranno sempre più grandi.



NOTE:


(1) Questo è un termine dispregiativo che si riferisce ai “giovani arrabbiati” (fenqing), i giovani cinesi che professano forme estreme di patriottismo. In più occasioni, il Nanfang Dushibao è stato oggetto di critiche e boicottaggi da parte dei “giovani arrabbiati” i quali non hanno gradito le posizioni moderate della redazioni su questioni sensibili quali ad esempio quella del Tibet.


(2) Il Signor Democrazia e il Signor Scienza (De xiansheng Sai xiansheng) è un modo di dire che risale all’epoca del movimento del 4 maggio 1919.


(3) Il nome cinese della rivista Esquire è Shishang Xiansheng, che letteralmente significa “signore alla moda”.


(4) Riferimento ironico alla celebre “teoria delle tre rappresentanze” dell’ex-presidente cinese Jiang Zemin.


(5) Gioco di parole che mette insieme i nomi cinesi delle due riviste.



FONTI:


Blog personale di Dou Jiangming
Blog "Alla ricerca dei lavoratori delle fornaci nuovamente scomparsi"
Sito di Esquire
Sito del Nanfang Dushibao


Nessun commento:

Posta un commento