mercoledì 21 gennaio 2009

Su alcune tendenze della società cinese nel 2009


Lo scorso dicembre l’Accademia Cinese delle Scienze Sociali ha pubblicato il “libro blu” del 2009, un volume in cui alcuni degli specialisti più in vista nel mondo accademico cinese, basandosi su dati raccolti nell’anno in corso, propongono alcune analisi e previsioni sulle tendenze sociali che avranno luogo l’anno venturo. Le prospettive per il 2009 sono estremamente preoccupanti.

Innanzitutto, qual è il problema che ha suscitato maggiori preoccupazioni nella popolazione cinese nel 2008? Stando ai dati pubblicati, al primo posto si trova l’aumento dei prezzi (63,5%), seguito dalle difficoltà nell’accesso al sistema sanitario (42,1%), l’aggravarsi dei divario nei redditi (28%), la disoccupazione (26%), i prezzi eccessivi degli immobili (20,4%), la corruzione (19,4%) e la pensione (17,7%). Il problema dell’aumento dei prezzi è relativamente nuovo per la società cinese, tanto che nel 2006 esso non era neppure stato inserito tra le possibili risposte all’indagine.

Sebbene si classifichi solamente al quarto posto tra i problemi più sentiti dalla società cinese, la disoccupazione viene individuata come il problema più grave da affrontare nel 2009. Se il tasso di disoccupazione ufficiale (la cosiddetta “disoccupazione urbana registrata”) si attesta ad un regolare 4,5%, le ricerche sul campo hanno messo in luce uno scenario molto più preoccupante, in cui il tasso di disoccupazione reale è del 9,4%, con punte superiori al 10% nelle città di medie e grandi dimensioni del nord-ovest. L’85% dei disoccupati urbani avrebbe un’età compresa tra i 18 e i 49 anni; metà di essi non trova lavoro da circa un anno, l’altra metà da più di tre anni.

A dire la verità questo non è un dato sorprendente se si considera la maniera in cui viene calcolato il tasso di disoccupazione ufficiale. Esso infatti tiene conto esclusivamente delle persone che rispondono a quattro requisiti: a) possiedono una residenza permanente non agricola; b) hanno un’età compresa tra i 16 anni e l’età della pensione; c) possono e vogliono lavorare; d) si sono registrate presso gli organi locali di servizio all’occupazione per cercare un lavoro. Come ho già avuto modo di scrivere in precedenza, questo esclude almeno quattro categorie fondamentali di disoccupati: i disoccupati nelle zone agricole, i quali non vengono contati in base al fragile presupposto che essi possono comunque basarsi sul proprio appezzamento di terreno in caso di necessità; i lavoratori migranti (nongmingong) che spesso rimangono senza lavoro per lunghi periodi nelle città ove risiedono; i neo-laureati, che si trovano ad affrontare un mercato del lavoro sempre più competitivo e un’offerta di posizioni qualificate decisamente scarsa; i lavoratori xiagang, un termine che letteralmente significa “sceso dal posto di lavoro” (o forse in maniera più appropriata “fatto scendere dal posto di lavoro”) e che sta ad indicare i lavoratori “scaricati” dalle imprese di Stato nel corso del processo di riforma.

I dati più allarmanti contenuti nel rapporto riguardano la disoccupazione dei laureati: si stima che alla fine del 2008 fossero 1.500.000 i laureati che non riuscivano a trovare lavoro. Questa situazione è destinata ad aggravarsi rapidamente, se si considera il fatto che il numero di studenti arruolati negli istituti superiori ed universitari cinesi è in continua crescita – nel 2009 le scuole superiori cinesi sforneranno 6.110.000 diplomati, 520.000 in più rispetto al 2008 – mentre, al contrario, la crescita economica si sta visibilmente contraendo, tanto che nel terzo trimestre del 2008 la crescita del PIL cinese è scesa per la prima volta al di sotto del 9%. Se nel 2008 sono stati creati 10 milioni di nuovi posti di lavoro, non è possibile azzardare previsioni per il 2009. In questa situazione si arriva persino a prospettare come probabile un inedito scenario in cui laureati e lavoratori migranti entrerebbero direttamente in competizione per i pochi posti di lavoro disponibili.

Gli specialisti dell’Accademia di Scienze Sociali mettono chiaramente in guardia contro più che probabili ripercussioni della crisi economica sulla stabilità sociale del paese. Come ho già avuto modo di scrivere, lo scenario che si delinea è potenzialmente esplosivo. L’ultimo precedente storico di innalzamento dei prezzi e di pressione sull’occupazione di analoga gravità può essere individuato solamente nella seconda metà degli anni ottanta, quando una serie di riforme affrettate del meccanismo di controllo dei prezzi aveva reso il costo della vita in Cina sostanzialmente insostenibile per gran parte delle famiglie urbane, mentre una nuova generazione di giovani faticava a trovare un impiego in un settore statale in affanno. Tutti sanno com'è andata a finire allora: speriamo che la storia non si ripeta.

Nessun commento:

Posta un commento